"Sembra, a tratti, quasi di ripercorrere idealmente con lui il cammino d’una vita. Tra ricordi, nostalgie, solitudini, tra il rimpianto di un passato felice e la speranza di un Tempo più giusto, il nostro Gennaro Liguori ci trascina, con dolcezza prepotente, nel Suo tempo. Tempo fatto di anni, e giorni, e attimi, tra dolori, assenze, scelte. Tempo che però è anche nostro, tempo condiviso, tempo popolato di presenze care, d’illusioni, di voci, di paure, di lutti e d’amori. E’ qui che risiede la potenza delle sue parole: v’è in esse quel potere (raro, rarissimo) di condivisione, la possibilità, per ogni lettore, di riconoscersi in esse. Di vibrare, d’emozionarsi, commuoversi. Con un linguaggio piano, rassicurante, il linguaggio proprio d’una confidenza sussurrata, d’un racconto ad amici dopo una cena calma, quando gli odori, i sapori, il calore sembrano confonderci e spingerci alla franchezza, Gennaro Liguori ci parla con autenticità profondissima. E c’è amarezza, a volte, nella sua voce (come nella magnifica “Terza età”), e c’è disincanto, e orgoglio e dolcezza (in “Antonio”, parole d’amore commosse al figlio), e fierezza, e consapevolezza lucida di sé. E c’è il dolore, quello estremo, in “La morte di mio padre”: ma non è dolore urlato, non è dolore esibito. E’ un dolore pudico, che sceglie per esprimersi parole delicate, che si lascia intuire, più che ascoltare, che si fa percepire, più che vedere. La lirica finale, sintesi d’un intero percorso, fonde amarezza e speranza, in un connubio dolcissimo. E con Lui, vorremmo anche noi “correre, correre per cercare qualcosa di diverso, prima di chiuderla, questa vita.” Commento di una lettrice
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